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“Varviere, Salassi, Cavatore di denti”

Mi incamminavo in una giornata di scirocco nei vicoli di un paesino deserto dell’interno dell’agrigentino, il vento mi soffocava sommergendomi di polvere africana che si appiccicava addosso come talco di pomice.
Cercavo un barbiere, ma in giro non c’era anima viva; finalmente da lontano scorsi una insegna slavata, dipinta a mano. “Varviere Salassi, Cavatore di denti”.

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Non sapevo se sentirmi fortunato o no, però dovevo rasarmi; la porta riparata da una tenda di plastica sfrangiata a protezione delle zanzare , ma forse anche dei volatili, era socchiusa; con qualche esitazione entrai. L’ambiente era tetro illuminato da due lampadine ingiallite dal tempo.
Fui avvolto subito da un odore olezzante di sudore antico e di muffa, la poltrona da barbiere era una sedia di legno e paglia bassa a fronte di uno specchio frantumato e arruginito.

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Stavo per uscire quando una voce profonda e ferma mi disse , <Si accomodasse.> nn era un invito, era un ordine. Non lo vidi subito ma stava dietro di me e con le mani ferme sulle spalle mi spinse rapacemente sulla sedia.
Dallo specchio scorsi la figura di un uomo con baffi antichi e capelli impomatati di età incerta sulla sessantina.  Vestiva una divisa a righe lisa e sporca di grassi vegetali. Si rassicutò che stavo seduto alla sua altezza e dopo avermi bloccato con uno
sguardo indagatore, profondo quasi assassino, immerse un pennello sfrangiato in un contenitore di rame da dove riemerse con una schiuma liquida grigiastra.

 

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Con decisione lo spalmò sul mio viso con gesti veloci e sguaiati.
L’impiastro appiccicoso tentava di rimanere incollato disperatamente sulla mia pelle ma invece colava da tutti i lati lasciando righe umide fuligionose che gocciolavano
giù fino al mio collo. Si allontanò per un momento ma non ci fu il tempo per scapparmene, ritornò sciabolando un rasoio vintage molto vintage, con una lama
simile ad una baionetta. Agguantò il mo viso con una mano e con l’altra con un movimento circolare fece transumare il rasoio da una basetta all’altra senza interruzione.

come-usare-rasoio-da-barbiere
Tutta la mia pelle scartavetrata, tentava con uno sforzo immane di resistere, ed ogni pelo del mio volto strapazzato ed asportato, uno ad uno, urlava con la voce stridula
di un agnello giovane al macello. Poi si fermò un attimo, e con la lama che sfiorava quasi la mia gola mi chiese ” com’è, faccio bene???”
Mi girai u poco per guardarlo negli occhi e quasi con senso di sfida,
“”LEI FACISSI BONO A CANCIARE MESTIERE”” risposi, alzandomi finalmente con uno strappo deciso, sfuggendo alla sua morsa e senza nemmeno pulirmi il volto dalla schiuma. M’incamminai di nuovo per i vicoli contorti del paesino. Ancora tremavo per lo scampato pericolo, quando una voce mi disse, “Sal, svegliati è ora di andare a scuola.”